N. 9 Decisione 5 settembre 2011 nei confronti dell’arch. F (inc. 2010/3)

  • E’ deontologicamente scorretto il comportamento dell’architetto che –rinunciando al mandato nella fase conclusiva della progettazione- si oppone a cedere al committente (proprietario del fondo) la licenza di costruzione a lui concessa -nella veste non solo di progettista ma anche di istante della relativa domanda- allo scopo di costringere la controparte a versargli il saldo dell’onorario.

  • Data:
  • 05.09.2011

Riassunto dei fatti:

A progettazione pressoché ultimata, in seguito a differenze sorte fra le parti relativamente a pretese inadempienze del progettista nel rispetto delle dimensioni minime imposte dall’ordinamento comunale, questi ha disdetto il contratto e ha emesso la sua nota d’onorario che il committente ha pagato parzialmente, negando il diritto della controparte al saldo richiesto. L’architetto –che aveva sottoscritto la domanda di costruzione anche come “istante”- si è opposto a cedere la licenza di costruzione da lui ottenuta, impendendo di fatto al committente di portare altrimenti a compimento la costruzione.            

Diritto:

Scopo delle norme (della legge e del regolamento) che impongono che la domanda di costruzione sia sottoscritta, oltre che dal progettista, dal proprietario del fondo e dal proprietario dell’opera (art. 4 cpv. 1 LE) è di evitare che l’autorità sia chiamata a pronunciarsi su domande non suscettibili di tradursi in realizzazioni concrete poiché all’istante fa difetto il diritto di disporre del fondo dedotto in edificazione (Adelio Scolari, Commentario alla legge edilizia cantonale, 1996, art. 4, N. 737; RDAT 1996-I, 41). La fattispecie, frequente o meno che sia nella pratica, deriva dalle possibilità offerte dal diritto privato nell’ambito dei diritti reali (diritti di superficie, servitù, ecc.) che permettono la distinzione personale fra proprietario del fondo e proprietario dell’opera; con la sua firma, il proprietario del fondo dà il suo consenso a che l’istante costruisca su quel sedime un edificio o un impianto (Marco Lucchini, Compendio giuridico per l’edilizia, Guida alla legislazione edilizia nel Canton Ticino, CFPG, 1999, pag. 19). Quanto all’identità delle due persone, mentre l’autorità amministrativa può e deve limitarsi a un giudizio d’apparenza (RDAT 1982/ 66), la questione del diritto di disporre è di competenza del giudice civile.  

Benché venga sollecitata da una persona determinata –alla quale viene accordata- ossia l’istante, la licenza di costruzione non ha carattere personale: viene infatti concessa in funzione di un certo progetto e non delle qualità del proprietario. La licenza può quindi essere trasferita a terzi, ad esempio in caso di vendita del fondo (Adelio Scolari, La nuova procedura della licenza di costruzione, in RDAT 1991-II, pag. 410). L’art. 27 del Regolamento della legge edilizia (RLE) prevede così che il trasferimento a terzi di una licenza edilizia deve avvenire mediante avviso al Municipio, firmato dal nuovo e dal precedente titolare (consid. 8).

Riassunto delle conclusioni:

Anzitutto (a titolo complementare) viene precisato non risultare che, in concreto, l’architetto abbia assunto il ruolo di istante della domanda di costruzione a dipendenza di un diritto di natura reale concessogli dal proprietario di fondo. Al proposito sembra che sia intervenuto piuttosto un accordo d’altra natura, verosimilmente (per motivi estranei alla vertenza) affinché il progettista figurasse come “istante” a titolo fiduciario in favore del committente. Determinante è però la considerazione che la licenza edilizia non è un oggetto qualsiasi che l’architetto –a torto o a ragione- possa porre “a garanzia” dei suoi pretesi crediti nei confronti della committenza. Si tratta di un fondamentale atto amministrativo, indispensabile per realizzare l’opera architettonica voluta dal committente e creata dal progettista non astrattamente, ma esclusivamente nell’interesse del mandante (consid. 12). Tentando di bloccare l’attività edificatoria di quest’ultimo, l’architetto –nemmeno al godimento di alcun diritto di natura reale sul fondo- va oltre la legittima difesa dei suoi interessi. In particolare non può bloccare l’attività edilizia del committente, denunciando il contratto d’architetto e poi approfittando di un suo “casuale” ruolo di titolare della licenza edilizia. Agendo in tal modo, l’architetto ha assunto un atteggiamento atto a ledere l’immagine della professione di architetto (art. 1 cpv. 3 del vecchio Codice deontologico).   

Sanzione: ammonimento.



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